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SMART WORKING: RISCHI E PREVENZIONE

I rischi ergonomici nel lavoro agile: posture, attrezzature e prevenzione

Linee di indirizzo e indicazioni sull’analisi dei rischi nelle attività in smart working. Focus sui rischi ergonomici: disturbi muscoloscheletrici, fattori di rischio, posture scorrette, utilizzo delle attrezzature, formazione e azioni di prevenzione.

In una situazione ancora legata alle necessità del contenimento del virus SARS-CoV-2 può apparire difficile operare un’adeguata analisi dei rischi delle tante attività che sono state provvisoriamente organizzate a distanza ( lavoro agile/smart working o telelavoro).
Tuttavia è indubbio che questa nuova organizzazione di lavoro sia destinata ad avere un impatto permanente sul mondo del lavoro e necessiti uno sviluppo di idonee strategie di prevenzione che tengano conto di questa futura evoluzione.
Esistono alcuni strumenti che possono aiutare le aziende e i lavoratori ad aumentare la consapevolezza dei possibili rischi nelle attività in smart working, e uno di questi, come ricordato anche in una recente intervista del nostro giornale, è il documento CNI “ Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working”, curato dall’Ing. Gaetano Fede (Consigliere CNI coordinatore GdL Sicurezza), dall’Ing. Stefano Bergagnin (GdL Sicurezza CNI) e del Gruppo Tematico Temporaneo “Smart working e lavori in solitudine”. Un documento sviluppato in un “momento epocale derivante purtroppo da una pandemia che si è rilevata drammatica” e che ha comportato “un aumento notevole e imprevisto di lavoratori che operano in modalità a distanza e spesso in condizioni di solitudine”.

Smart working: ergonomia e disturbi muscoloscheletrici
Parlando di rischi nelle attività svolte in smart working, il documento ricorda innanzitutto che queste attività sono soggette a criticità ergonomiche e all’eventuale insorgenza di disturbi muscoloscheletrici (DMS).
A questo proposito si ricorda che tra le più frequenti patologie collegate allo svolgimento dell’attività lavorativa figurano “quelle inerenti all’apparato muscoloscheletrico” che si traducono spesso in “costi gravanti sui datori di lavoro, motivo per il quale una loro risoluzione o miglioramento giova sia alla salute dei lavoratori sia ai bilanci delle imprese”.
Generalmente i disturbi muscoloscheletrici “interessano la schiena, il collo, le spalle e gli arti superiori, ma possono anche colpire gli arti inferiori. Riguardano dolori o danni ad articolazioni e tessuti e coprono un’ampia gamma di disturbi. A seconda del livello di serietà, possono portare all’impossibilità a recarsi sul luogo di lavoro e necessitare di cure mediche. Nei casi cronici più gravi, possono addirittura portare alla disabilità e all'abbandono forzato del posto di lavoro”.
Queste patologie possono essere causate da una combinazione di elementi e tra quelli inerenti all’attività lavorativa e al suo svolgimento “ricadono in generale i seguenti:
  • l'assunzione di posture scorrette o statiche;
  • ritmi intensi di lavoro;
  • il mantenimento prolungato della stessa posizione in piedi o seduta;
  • la movimentazione di carichi, specialmente quando si ruota o si piega la schiena;
  • movimenti ripetitivi o che richiedono uno sforzo
  • vibrazioni, scarsa illuminazione o lavoro in ambienti freddi”.
Tuttavia sono i primi tre elementi che “hanno la possibilità di manifestarsi anche in modalità smart working, mentre gli altri rischi sono pertinenti maggiormente per i lavoratori in solitudine che spesso si trovano ad operare in ambienti con caratteristiche non favorevoli che aggravano la gravità del rischio”.

Smart working: posture scorrette e utilizzo delle attrezzature
Riguardo alle mansioni svolte in modalità smart working si chiarisce che “non sono gli strumenti informatici (computer, cellulare ecc.) a causare eventuali dolori, ma le posture scorrette con cui li si utilizza mantenute a lungo”.
Ad esempio – continua il documento – “l’assunzione di posizioni di lavoro scorrette, come il mantenimento del computer appoggiato sulle ginocchia, l’utilizzo di sedie non ergonomiche o addirittura del proprio divano in una postazione domestica, può generare con il passare del tempo severi danni all’apparato muscoloscheletrico. Anche l’utilizzo dello smartphone in maniera non ottimale può generare conseguenze importanti, soprattutto nei casi in cui per digitare lo schermo vengono utilizzati prevalentemente i pollici impugnando lo strumento con entrambe le mani. Protraendo infatti nel tempo uno stesso movimento c’è il rischio di sovraccaricare alcuni tendini della mano. Il caso più tipico è quello della tenosinovite stenosante, più comunemente nota come ‘dito a scatto’”, una disfunzione dal decorso lento che “parte da un lieve dolore (che sovente colpisce il pollice, da cui il fenomeno del ‘pollice da smartphone’) fino talvolta a degenerare fino al blocco permanente del dito”.
L’utilizzo prolungato e in posizione scorretta di strumenti informatici (computer, cellulare, ecc.) “può generare ulteriori problemi”.
Ad esempio si indica che negli ultimi anni “si sono riscontrati notevoli miglioramenti della definizione fornita dagli schermi delle apparecchiature digitali, i quali pur portando notevoli benefici hanno tuttavia indotto gli utilizzatori a mantenere una prolungata esposizione per il proprio apparato visivo e posizioni sicuramente meno ergonomiche definite ‘a tartaruga’ cioè con la testa sporgente verso lo schermo con le evidenti conseguenze per il rachide a lungo termine”.
Inoltre le apparecchiature digitali, a seguito di una prolungata attività di digitalizzazione, “possono far emergere condizioni come la sindrome del tunnel carpale” che è dovuta alla “compressione del nervo mediano al suo passaggio all’interno del tunnel carpale, un canale delimitato dalle ossa del polso e da tessuto connettivale. La sofferenza del nervo si manifesta con dolore, formicolii e alterazioni della sensibilità delle dita, spesso di notte o al risveglio. Se trascurata, potrebbe portare alla difficoltà di esecuzione anche di semplici movimenti”.

Smart working ed ergonomia: formazione e azioni di prevenzione
Il documento indica poi che per migliorare la prevenzione di questi problemi va dedicata massima importanza sia ai percorsi di informazione/formazione (quale “strumento per evidenziare i comportamenti e le posture corrette per i lavoratori”), sia alle “necessarie azioni di prevenzione che dovrebbero includere modifiche riguardanti:
  • gli spazi di lavoro, adeguandoli al fine di migliorare le posture lavorative;
  • le attrezzature, assicurando che siano ergonomiche e adatte ai compiti da svolgere;
  • un miglioramento della consapevolezza dei rischi, impartendo come già anticipato una formazione su buoni metodi di lavoro;
  • i compiti specifici dei lavoratori agili, cambiando metodi o strumenti di lavoro;
  • la gestione, invitando ad una pianificazione del lavoro in modo tale da evitare mansioni ripetitive o prolungate con posture scorrette, programmando pause, o pensando ad una eventuale rotazione delle funzioni fino ad una possibile riassegnazione del lavoro;
  • i fattori organizzativi, sviluppando una politica in materia di tutela dell’apparato muscoloscheletrico.
Infine si segnala che dal punto di vista ergonomico è importante ricordare sempre “quanto sia opportuno eseguire alcuni esercizi durante le pause”. Infatti come ormai dimostrato da tempo gli esercizi di ginnastica e di stretching consentono di “migliorare nettamente lo stato di salute”.

Inoltre riguardo ai rischi connessi alle attività svolte in modalità smart working, il documento CNI si sofferma anche su:

  • rischio rumore;
  • rischio da sostanze;
  • rischio incendio;
  • rischio sindrome da visione al computer;
  • rischio da campi elettromagnetici;
  • rischi psicosociali;
  • rischio stress lavoro correlato;
  • rischi microclimatici.
Riferimenti:
  • Consiglio Nazionale degli Ingegneri, “Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working”, a cura dell’Ing. Gaetano Fede (Consigliere CNI coordinatore GdL Sicurezza), dell’Ing. Stefano Bergagnin (GdL Sicurezza CNI) e del Gruppo Tematico Temporaneo “Smart working e lavori in solitudine” del CNI, versione maggio 2021.

  • Legge 22 maggio 2017, n. 81 - Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.
Fonte articolo: Puntosicuro
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