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SPAZI CONFINATI: CONSIDERAZIONI SUL CAMPO DI APPLICAZIONE

La normativa nazionale e la sfuggente definizione degli ambienti confinati

La versione aggiornata di un documento CNI contiene le linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento. Focus sulle carenti definizioni e sull’identificazione di questi ambienti.
 
E' evidente che gli ambienti confinati siano uno degli ambienti pericolosi più a rischio di infortuni mortali, ed è bene sottolineare che per mettere in atto efficaci strategie di prevenzione è innanzitutto necessario chiarire il significato del termine “ambienti confinati”. Anche perché una definizione “universale”, come ricordato anche da Mary O. Brophy (Senior Industrial Hygienist New York State Department of Labour), è “sfuggente”.
A ricordare che nel D.Lgs. 81/2008 non è presente una definizione di “ambiente confinato” e che non è possibile ricavare una definizione univoca neanche dal DPR 177/2011 sono le “ Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento” - un documento prodotto nel 2019 e aggiornato nel 2020 dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri ( CNI). Un documento che fornisce indicazioni utili per coloro che nell’ambito della loro attività professionale “possono progettare o riscontrare condizioni operative tali da dover essere trattate come ambiente confinato o sospetto di inquinamento” e che cerca di rendere meno “sfuggente” la comprensione di quali siano questi ambienti.

Le definizioni insufficienti e le definizioni più complete
Il documento CNI – curato dall’Ing. Gaetano Fede, dall’Ing. Stefano Bergagnin, dall’Ing. Luca Vienni e dal Gruppo Tematico Temporaneo “Ambienti Confinati” del CNI – ricorda che nel DPR 177/2011 “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati” viene “solo specificato che il regolamento si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli artt. 66 e 121 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all'allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo. Quindi ambienti confinati sono sicuramente quelli indicati nell’allegato IV, punto 3 del decreto ma tale definizione risulta insufficiente e incompleta rispetto a quanto da tempo indicato nelle norme internazionali”.
Si indica poi che la definizione più completa presente nella letteratura tecnico scientifica italiana “appare quella del documento ‘Indicazioni operative in materia di sicurezza ed igiene del lavoro per lavori in ambienti confinati della Regione Emilia Romagna’”: “per ambiente confinato si intende uno spazio circoscritto, caratterizzato da accessi e uscite difficoltosi o limitati, da una ventilazione naturale sfavorevole, nel quale, in presenza di agenti pericolosi (ad. es. gas, vapori, polveri, atmosfere esplosive, agenti biologici, rischio elettrico, ecc.) o in carenza di ossigeno o per difficoltà di evacuazione o di comunicazione con l’esterno, può verificarsi un infortunio grave o mortale. I luoghi di lavoro interessati sono quelli richiamati dagli artt. 63, 66 (punto 3 dell’All. IV) e dall’art. 121 (cantieri temporanei o mobili) del D.Lgs. 81/08 ovvero pozzi, pozzi neri, fogne, camini, fosse in genere, gallerie, condutture, caldaie e simili, vasche canalizzazioni, serbatoi e simili, tubazioni, recipienti, silos, cunicoli”.
Inoltre a questa definizione – continua il documento - è stata aggiunta dal D.P.R. 177/2011 anche “quella di ‘ambiente sospetto di inquinamento’ volendo estendere anche a questi luoghi le attenzioni riservate per i primi”.

L’identificazione degli ambienti confinati
Riguardo poi all’identificazione, si segnala che “alcuni ambienti confinati sono facilmente identificabili come tali, in quanto la limitazione legata alle aperture di accesso e alla ventilazione sono ben evidenti e/o la presenza di agenti chimici pericolosi è nota”. E fra gli ambienti confinati facilmente identificabili “si possono citare, anche se l’elenco non si deve ritenere esaustivo, i seguenti:
  • cisterne interrate, seminterrate o fuori terra contenenti prodotti o sottoprodotti di tipo organico, alimentare, zootecnico che possono dare luogo a fermentazioni derivanti sia dal ciclo produttivo (ad es. silos per foraggi, vini) che di origine accidentale o comunque indesiderata (ad es. infiltrazioni d’acqua in silos per sfarinati);
  • serbatoi pensili (ad esempio quelli degli acquedotti) o vasche interrate (ad esempio quelli delle reti di bonifica o degli acquedotti);
  • cunicoli di fogne e di impianti di smaltimento di liquami sia di origine civile che zootecnica (fosse settiche, biologiche ed altro);
  • silos, cisterne o altri contenitori per sostanze o prodotti chimici organici e inorganici;
  • recipienti di reazione e serbatoi di stoccaggio;
  • pozzi e tubazioni;
  • cisterne su autocarri.
Si indica poi che altri ambienti, “ad un primo esame superficiale, potrebbero non apparire come confinati. In particolari circostanze, legate alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa o ad influenze provenienti dall’ambiente circostante, essi possono invece configurarsi come tali e rivelarsi altrettanto insidiosi. Tra questi ad esempio si citano i seguenti:
  • vasche, interrate e fuori terra, per il contenimento di barbottine (argille sciolte in acqua) o di impianti di depurazione;
  • cavità, fosse, trincee, camere con apertura dall’alto;
  • camere di combustione nelle fornaci e simili;
  • camere non ventilate o scarsamente ventilate”.
Inoltre benché “soggette ad ulteriori norme che comportano specifiche modalità di applicazione di misure di prevenzione e protezione e particolari obblighi è opportuno ricordare anche i casi seguenti:
  • stive di imbarcazioni (chiaramente escluse secondo l’ Interpello 10/2015)
  • gallerie (discutibile in relazione ai lavori in sotterraneo)”.
La classificazione delle normative straniere
Infine per tener conto, in particolare, dei “rischi connessi all’atmosfera presente nei luoghi confinati (livello di ossigeno, esplodibilità, tossicità)”, il documento introduce la “classificazione applicata da alcune normative straniere ed in particolare quella del NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) 80-106 del 1979, che classifica gli ambienti in tre categorie A, B, C con livello di rischio decrescente”:
  • “L’ambiente confinato di classe A è uno spazio confinato che presenta un alto e immediato rischio per la salute e la vita del lavoratore. Include la mancanza di ossigeno, la presenza di atmosfere infiammabili o esplosive, alte concentrazioni di sostanze tossiche (IDLH – Immediately Dangerous to Life or Health).
  • L’ambiente confinato di classe B è uno spazio confinato che può portare a situazioni di infortunio se non vengono adottate misure preventive, ma non è immediatamente pericoloso per la vita e la salute.
  • L’ambiente confinato di classe C è uno spazio confinato in cui il rischio è trascurabile, non influisce sul normale svolgimento del lavoro e non è prevedibile un peggioramento”.
E per fornire strumenti utili per la definizione/classificazione dell’ambiente di lavoro interessato e dei relativi rischi derivanti in quanto spazio confinato, nel documento viene riportata “la tabella estratta dal documento NIOSH 80-106 del 1979 ‘Direttive per il lavoro negli spazi confinati’, il quale, pur essendo datato, è ancora inserito e/o citato in alcune norme o linee guida internazionali. Tra le norme nazionali e internazionali è senza dubbio il più noto strumento per la classificazione del luogo di lavoro e per la pre-valutazione dei rischi e delle misure di prevenzione necessarie”.
Rimandiamo in conclusione alla lettura integrale del documento che riporta ulteriori strumenti anche con riferimento a specifiche norme tecniche volontarie.
Si indica, infine, che tutte le norme e le linee di indirizzo citate o presenti nell’allegato 4 (“Elenco documenti disponibili per approfondimenti sul tema”) forniscono, “in sintonia con la finalità del presente documento, strumenti utili non soltanto per la classificazione del luogo di lavoro, ma anche per una indispensabile pre-valutazione dei rischi, e per la ricerca e la progettazione delle misure di prevenzione e protezione necessarie basate su numerosi parametri”.  
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura anche di altri articoli e interviste del nostro giornale che hanno trattato il tema della definizione e classificazione degli ambienti confinati:

Riferimenti:
  • Consiglio Nazionale degli Ingegneri, “ Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento”, a cura dell’Ing. Gaetano Fede (Consigliere CNI coordinatore GdL Sicurezza), Ing. Stefano Bergagnin (GdL Sicurezza CNI), Ing. Luca Vienni (GdL Sicurezza CNI) e del Gruppo Tematico Temporaneo “Ambienti Confinati” del CNI, versione gennaio 2020 – Linee Guida/Allegato 1/Allegato 2/Allegato 3/Allegato 4/Allegato 5/Allegato 6.
  • Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
  • Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 - Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

 Fonte: Puntosicuro

 
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